L’hydria, alta 43 cm, faceva parte della collezione del Commendatore Clemente Grimaldi, che a sua volta l’aveva avuta da un contadino, al quale si deve il rinvenimento in contrada Oreto. Era stata utilizzata come cinerario, all’interno di un dado di pietra, che non l’aveva però protetta dalla rottura. Oggi si presenta ricomposta. Il labbro ha un orlo pendulo decorato da ovuli e piccoli punti, motivo che si ripete intorno agli attacchi delle anse, mentre sotto quella verticale due palmette tra girali e viticci; alla base del collo, larga fascia di palmette e fiori di loto assai stilizzati. La scena figurata, ricollegabile al notissimo episodio mitologico del cd. "Giudizio di Paride", occupa la parte superiore del corpo, che una fascia con triplici meandri alternati a scacchiera separa dalla metà inferiore a vernice. Le figure si dispongono da sinistra verso destra, su due livelli leggermente diversi, a rendere la profondità dello spazio. A sinistra, oltre l’ansa, è una giovane donna di profilo, che indossa un lungo chitone con himation dalle fitte pieghe: le mani reggono una cassetta con il coperchio aperto. Dinanzi a lei un'altra figura femminile, dall’elaborata acconciatura, arricchita da un diadema, identificabile con Era. Indossa un leggero chitone, annodato sulle spalle, le cui pieghe seguono la curva dei seni: ha il braccio destro piegato, con la mano al fianco, mentre la sinistra trattiene un lungo scettro. Davanti e poco più in basso è Athena, con elmo attico dal ricco cimiero ed egida a losanghe: si appoggia ad una lunga lancia con la mano destra, mentre con la sinistra (oggi perduta) doveva reggere lo scudo, poggiato a terra. Al centro, rivolta verso un piccolo Eros con ali dal lungo piumaggio, con il quale scambia uno sguardo complice, è Afrodite. La dea è sul livello più alto, resa di tre quarti, parrebbe seduta, con un chitone a pieghe fitte e sottili trattenuto in più punti sulle spalle e leggermente scivolato sulle braccia mentre l’himation è mollemente raccolto sulle gambe: il capo, girato a sinistra, ha una acconciatura arricchita da diadema. Mentre il braccio destro ha la mano che sembra poggiata su qualcosa che stava sul fondo, con la sinistra tiene lo scettro. Sotto ai suoi piedi, come rivolto a guardare Athena, è il torso di un ariete, dalle tipiche corna ricurve e dal pelo reso da fitti e piccoli punti. Dietro di lui e rivolto a destra, di profilo, con la gamba sinistra piegata in alto, poggiata su una roccia segnata da due arbusti, è una figura maschile. Ignudo, con una clamide dal largo bordo nero che gli copre il braccio sinistro e fermata sulla spalla: il petaso dietro la nuca e il caduceo che regge con la mano destra lo identificano come Ermes, dalla lunga chioma, incoronato di ulivo. Dinanzi gli sta un’altra figura maschile, Paride: in testa ha un elmo frigio, mentre il corpo è rivestito da una sorta di tuta aderente a piccole losanghe: un corpetto a righe verticali gli copre il busto, sul quale porta di traverso una spada. Alle spalle un mantello annodato al collo che scende fino ai piedi. Con la mano sinistra sollevata regge lo scettro, mentre la destra sembra rivolta verso Ermes; un amorino dalle ali ancor più lunghe dell'altro si volge a lui appoggiandogli il gomito sinistro sulla spalla. In basso, quasi poggiato sul margine inferiore, un cane accosciato. Un albero con pochi rami e piccole foglie arrotondate e trilobate separa Paride dalla figura maschile che chiude la scena: un uomo barbato, con un berretto frigio sul capo ed un ampio himation panneggiato che avvolge, coprendolo completamente, tranne la mano destra che impugna un lungo scettro.
Originariamente attribuita dal Beazley alla bottega di Meidias, il ceramografo attico, attivo ad Atene tra il 420 e il 390 circa, nella seconda edizione della sua opera, lo studioso riconsidera quella attribuzione, riferendo il vaso ad un “Modica Painter”, che può essere considerato esponente di quel gruppo submidiaco, di imitatori cioè della maniera del Maestro, che del suo stile ornato ci restituiscono una produzione più corrente e meno raffinata.
Fine del V sec. a. C.