Salotto Rosso : Alla fine del '700 questa stanza era destinata a sala di lettura connessa alla vicina biblioteca (102); a metà dell'Ottocento divenne camera da letto e infine, attorno al 1895, fu allestita come oggi la vediamo. La traccia di queste trasformazioni è leggibile negli apparati d'arredo. Unica testimonianza della decorazione settecentesca è la partizione a stucco del soffitto.
All'insieme si sovrappone la tappezzeria cremisi novecentesca, realizzata riproducendo il parato che prima rivestiva pareti e mobili, collocabile la seconda metà dell'Ottocento. La fascia di passamaneria oro a motivi di aquile e corone che rifinisce il profilo superiore della parete è la riproduzione di un tessuto impero del primo decennio dell'Ottocento. Tali sovrapposizioni, se da un lato tolgono alla stanza quella omogeneità che ci consente di leggerne la testimonianza di una determinata epoca storica, dall'altro danno il senso di quanto una residenza reale fosse comunque una casa, soggetta alle dinamiche del tempo, del gusto e della funzionalità.
Le eleganti sedie nella cui forma prevale la linea retta, esemplificano l'idea neoclassica che stabiliva un rapporto tra rigore geometrico delle forme e rettitudine morale. Più aggraziato è il modello del divano, memore della tradizione locale veneziana, soprattutto nel disegno dei braccioli incurvati, derivati per tipologie da quelli del '700. Di gusto Impero è il secrétaire con piedi leonini dorati: il mobile fu realizzato a Venezia da Giovanni Casadoro.
Sala del Giudizio di Paride : La sala prende il nome dal dipinto collocato sul soffitto, opera di Jacopo Amigoni (1682-1752) e realizzato tra il 1739 e il 1747. Seduto in basso, Paride in veste di pastore che regge il pomo d’oro da assegnare alla più bella delle tre dee, raffigurate sopra di lui; a sinistra Venere con Cupido tra le braccia, al centro Giunone con la corona e lo scettro, e a destra Minerva, con l'elmo sul capo.
Lungo le pareti sono esposte sette acqueforti che illustrano la Villa e i suoi giardini. Le tavole furono incise nel 1792 sulla base dei rilievi dell'ingegnere veneto Bartolo Gaetano Carboni. In quell'anno Alvise Pisani soggiornava nella capitale francese in qualità di ambasciatore della Repubblica Veneta e commissionò le tredici stampe a Pierre Nicolas Ransonnette, incisore ufficiale del fratello del re di Francia, celebre per le immagini per l'Enciclopedia delle Arti e dei Mestieri di Diderot e D'Alambert. Attraverso queste stampe Alvise Pisani rese la sua Villa e la sua famiglia note in tutta Europa e rese celebre lo splendido giardino.
Le immagini dei giardini della villa, qui incise, colpirono i viaggiatori dell'epoca, che, di consuetudine, raggiungevano Venezia percorrendo il Brenta. Tra i più noti Charles de Brosses racconta: "La Villa dei Pisani merita una descrizione, per il portale del giardino, fiancheggiato da due colonne..con all'esterno scale a chiocciola le quali portano ad un incantevole terrazza situata in cima al peristilio. Ho saputo che il cardinale di Rohan ne ha fatto riprendere il disegno per eseguirlo a Saverne." (Lettere familiari sull'Italia, 1739- 40).
I mobili risalgono tutti alla metà del XVIII secolo, il più antico allestimento della villa. Le eleganti sedie, di gusto inglese, possiedono braccioli flessuosi, gambe ricurve e dorsale traforato. Il divano di sinistra è un modello barocchetto molto in voga in ambito veneziano.
Sala dei Dogi: La sala ospita la collezione nei medaglioni e rilievi che la famiglia Pisani aveva costituito nel corso del ‘600 e del ‘700. All'interno di cornici in stucco trovano posto rilievi di epoche diverse. La composizione dell’insieme risale probabilmente al 1761, data che compare in un'iscrizione situata nella parete di fondo. A sinistra e a destra si ha voluto rendere omaggio a tutti i 120 dogi veneziani, mediante la realizzazione di loro ritratti, opera di ignoto autore settecentesco. Nella penultima riga c'è anche quello di Alvise Pisani, eletto doge nel 1735. Tra le due finestre e nella parete di fondo si trovano invece alcuni ritratti di imperatori romani, condottieri, e alcuni bassorilievi che testimoniano la passione per le antichità classiche che portò, tra il Seicento e il Settecento, ad una gran produzione di falsi antichi.
Lungo le pareti, sostenuti da mensole prendono posto alcune sculture: frammenti di busti infantili, ritratti a bassorilievo, busti virili, teste antiche, parte dei quali appartenevano alla collezione di antichità del procuratore Almorò Alvise Pisani (1631- 1679). In quegli anni collezionare sculture classiche era la moda dell'epoca ed un modo per affermare la continuità tra il glorioso passato antico e la storia della Repubblica di Venezia.