Il Museo, posto all’interno del cinquecentesco Palazzo Gabrielli, accoglie i reperti delle numerosissime necropoli etrusche del territorio di Sarteano e sviluppa il suo percorso raccontando l’evoluzione sia architettonica che sociale delle tipologie tombali. Dalle tombe a pozzetto della necropoli di Sferracavalli con i biconici villanoviani in impasto liscio, alle tombe del periodo orientalizzante (ovvero del VII sec. a. C.) all’interno di ‘ziri’ di terracotta con ossuari detti canopi che ricostruiscono, con varie tipologie nel corso del VII sec. a. C., le fattezze umane del defunto nel vaso di terracotta che ne accoglie le ceneri. Nell’ultimo trentennio del VII secolo a. C. avviene il passaggio dallo ziro alla tomba a piccola camera, ora tomba di famiglia con due o più deposizioni in canopi, che vengono talvolta posti su troni in pietra e realizzati non più a mano, ma a stampo. Le tombe di Macchiapiana, sia quella a ziro con canopo, che quella a camera con il canopo di una madre e di un figlio, sono l’esempio di questa evoluzione. La donna sepolta nel canopo è di grande interesse in quanto detiene il potere, come dimostra il modellino di terracotta di un’ascia bipenne che tiene in mano, oltre al suo trono. Dopo queste prime tombe a piccola camera si passa alle grandi tombe a camera, scavate nel travertino che occuperanno il territorio dal VI sec. a. C. in poi, accogliendo varie deposizioni, come nelle tombe arcaiche di Solaia e Molin Canale nei cui corredi predomina la ceramica di bucchero. Nella necropoli della Palazzina invece, sviluppatasi dalla fine del VI al III sec. a. C., i corredi sono composti per lo più da ceramiche dipinte, sia di produzione locale che di importazione attica. E il bel cippo di Sant’Angelo, con le sue quattro scene di un funerale etrusco raccontate a bassorilievo su ogni lato, rappresenta la centralità dei riti legati alla morte per questo popolo che fu considerato ‘il più religioso’ dell’antichità. Sia la Palazzina che la necropoli delle Pianacce dimostrano come si siano spostate le sedi insediative dall’alto delle colline di Solaia-Macchiapiana verso zone intorno all’altopiano dove ora sorge Sarteano, dalle quali il centro egemone di Chiusi era raggiungibile più velocemente.
L’intero piano inferiore del Museo è dedicato alle grandi tombe a camera della necropoli delle Pianacce, scavate dal Museo e dal Gruppo Archeologico Etruria dal 2000 al 2011 e che hanno restituito corredi che vanno dalla seconda metà del VI al II sec. a. C. Tra esse l’eccezionale rinvenimento nell’ottobre 2003 della tomba dipinta di IV sec. a. C. detta della Quadriga Infernale che è stata ricostruita, con una tecnica del tutto innovativa in Italia, all’interno del Museo a grandezza naturale, con le sue scene riferite anch’esse al viaggio dell’Aldilà: un inquietante Caronte alla guida di un carro trainato da due leoni e due grifi, due defunti –padre e figlio- a banchetto nell’Oltretomba con un addetto che porge loro un colum per filtrare il vino. Nella parete di fondo un enorme serpente a tre teste, mostro sotterraneo che spaventa il defunto nel corso del suo viaggio e da cui Caronte lo difende, ed infine un ippocampo, animale fantastico metà pesce e metà cavallo che rappresenta il simbolo del passaggio dallo stato terreno a quello marino e come tale è la metafora della morte. Questa straordinaria scoperta è presentata con il suo corredo di ceramiche locali a figure rosse degli ultimi decenni del IV sec. a. C.. Le altre tombe coeve e limitrofe a quella dipinta hanno ceramiche analoghe nei loro corredi, oltre ad oggetti che mostrano la ricchezza delle famiglie sepolte: una splendida collana in oro, manici di specchi in osso decorati a rilievo, una particolarissima maschera di sileno in piombo. Anche nelle tombe arcaiche ed in particolare in quelle classiche di V sec. a. C., abbondano i segnali di questa ricchezza: ceramiche attiche a figure nere e rosse, una fibula in argento con leoncino accucciato, uno scarabeo con cavaliere. La necropoli delle Pianacce e la tomba dipinta sono visitabili, come naturale proseguimento della visita del Museo.
Nel museo di Sarteano non si trovano quindi materiali provenienti da abitazioni o strutture religiose o pubbliche, ma è possibile fare un viaggio nel mondo funerario etrusco per tutto il corso della sua storia: dal IX al II sec. a. C.
Solo al termine del percorso sono esposte alcune lastre di terracotta di epoca romana e precisamente augustea, con la raffigurazione di Adone e Peitho e di Afrodite con il piccolo Eros, provenienti da un edificio termale. Questo piccolo ‘assaggio’ al termine del percorso, come quello dei materiali dell’antica età del bronzo dalla Buca del Rospo all’inizio dell’esposizione, esemplificano come il territorio di Sarteano, pur nella dominanza delle testimonianze etrusche, sia stato occupato senza soluzione di continuità dalla preistoria ai nostri giorni.
L’intero piano inferiore del Museo è dedicato alle grandi tombe a camera della necropoli delle Pianacce, scavate dal Museo e dal Gruppo Archeologico Etruria dal 2000 al 2011 e che hanno restituito corredi che vanno dalla seconda metà del VI al II sec. a. C. Tra esse l’eccezionale rinvenimento nell’ottobre 2003 della tomba dipinta di IV sec. a. C. detta della Quadriga Infernale che è stata ricostruita, con una tecnica del tutto innovativa in Italia, all’interno del Museo a grandezza naturale, con le sue scene riferite anch’esse al viaggio dell’Aldilà: un inquietante Caronte alla guida di un carro trainato da due leoni e due grifi, due defunti –padre e figlio- a banchetto nell’Oltretomba con un addetto che porge loro un colum per filtrare il vino. Nella parete di fondo un enorme serpente a tre teste, mostro sotterraneo che spaventa il defunto nel corso del suo viaggio e da cui Caronte lo difende, ed infine un ippocampo, animale fantastico metà pesce e metà cavallo che rappresenta il simbolo del passaggio dallo stato terreno a quello marino e come tale è la metafora della morte. Questa straordinaria scoperta è presentata con il suo corredo di ceramiche locali a figure rosse degli ultimi decenni del IV sec. a. C.. Le altre tombe coeve e limitrofe a quella dipinta hanno ceramiche analoghe nei loro corredi, oltre ad oggetti che mostrano la ricchezza delle famiglie sepolte: una splendida collana in oro, manici di specchi in osso decorati a rilievo, una particolarissima maschera di sileno in piombo. Anche nelle tombe arcaiche ed in particolare in quelle classiche di V sec. a. C., abbondano i segnali di questa ricchezza: ceramiche attiche a figure nere e rosse, una fibula in argento con leoncino accucciato, uno scarabeo con cavaliere. La necropoli delle Pianacce e la tomba dipinta sono visitabili, come naturale proseguimento della visita del Museo.
Nel museo di Sarteano non si trovano quindi materiali provenienti da abitazioni o strutture religiose o pubbliche, ma è possibile fare un viaggio nel mondo funerario etrusco per tutto il corso della sua storia: dal IX al II sec. a. C.
Solo al termine del percorso sono esposte alcune lastre di terracotta di epoca romana e precisamente augustea, con la raffigurazione di Adone e Peitho e di Afrodite con il piccolo Eros, provenienti da un edificio termale. Questo piccolo ‘assaggio’ al termine del percorso, come quello dei materiali dell’antica età del bronzo dalla Buca del Rospo all’inizio dell’esposizione, esemplificano come il territorio di Sarteano, pur nella dominanza delle testimonianze etrusche, sia stato occupato senza soluzione di continuità dalla preistoria ai nostri giorni.