Centro spirituale della cristianità, già nella seconda metà del II sec. fu eretta un’edicola sulla tomba dell’Apostolo, nel luogo vicino al suo martirio; dinanzi ad esso c’era un’area di m. 5 per 7, delimitata da un muro di intonaco rosso, sul quale i fedeli ben presto iniziarono a tracciare graffiti a ricordo della loro presenza. Una colonnina ed una parte del piccolo monumento funebre sono ancora visibili nel Confessio, vano situato sotto il Ciborio di Bernini. L’imperatore Costantino propose a papa Silvestro I (314-335) la costruzione di una grandiosa basilica. Per rispettare quel luogo, gli architetti dovettero risolvere una complessa situazione ambientale, a causa della pendenza del colle Vaticano; qui sorgeva il Circo di Nerone, poi divenuto luogo di sepoltura di pagani e cristiani. Livellando parte dell’altura, fra il 319 e il 324 fu creato un piano sul quale furono gettate le fondamenta della nuova basilica. Grazie a incisioni e descrizioni anteriori alla ricostruzione rinascimentale, si può immaginare come fosse la Basilica Costantiniana. Le sue dimensioni erano grandiose: preceduta forse da un nartece e poi da un quadriportico con al centro una fontana per le abluzioni. A croce latina, l’interno era diviso in cinque navate da colonne.
Sulla tomba di Pietro, Costantino fece erigere un monumento, rivestito di marmi pregiati. La chiesa era illuminata da ampie finestre, vi erano arredi preziosi; tra il 440 e il 461 la facciata doveva essere decorata a mosaico, mentre la navata centrale presentava affreschi su doppio registro, con storie dell’Antico (a dx) e Nuovo Testamento (a sx).
Durante il pontificato di san Gregorio Magno (590-604) l’area del presbiterio fu rialzata di circa m. 1 e mezzo per consentire la costruzione di una cripta semianulare che consentisse ai fedeli di scendere da una scala, avvicinarsi al sepolcro e risalire da un’altra. L’altare maggiore fu spostato in corrispondenza della tomba di Pietro. Nel XII secolo il presbiterio venne ulteriormente rialzato, mentre nell’abside un nuovo mosaico sostituì quello precedente paleocristiano. Durante l’esilio avignonese, Giotto eseguì il famoso Mosaico della Navicella (di cui restano due angeli, uno a San Pietro, l’altro a Boville Ernica) e il Polittico Stefaneschi per l’altare maggiore (conservato nella Pinacoteca Vaticana).
Al primo Rinascimento appartengono molte opere scultoree, in parte perdute o collocate altrove, tra cui il tabernacolo di Donatello (1432) conservato nel Tesoro di San Pietro. La vecchia chiesa paleocristiana era però in precarie condizioni. Su suggerimento di Leon Battista Alberti, Bernardo Rossellino progettò una chiesa a croce latina, ma i lavori furono sospesi. Con Giulio II (1503-1513) i lavori furono ripresi e il progetto affidato al Bramante, che propose una chiesa con pianta a croce greca, con una grande cupola centrale e quattro cupolette minori. Nel 1511, morto Bramante, il suo compito fu assunto da Raffaello, Fra Giocondo e dal Sangallo. Essi pensarono di ritornare al progetto originario del Rossellino, con la sopraelevazione del pavimento. Alla morte del Sangallo subentrò Michelangelo che volle ritornare all’idea del Bramante.
La facciata venne eseguita tra il 1606 e il 1614 dal Maderno, con l’aggiunta di altre tre cappelle per lato. E’ preceduta da una scalinata progettata dal Bernini. All’estremità del portico, la statua equestre di Costantino è opera del Bernini. Di fronte alla porta principale, il celebre mosaico della Navicella, è un rifacimento seicentesco dell’originale ormai perduto, collocato nell’antico quadriportico. La navata centrale ha l’aspetto tipico delle chiese della Controriforma: massicci pilastri abbinati a lesene corinzie, collegati da arcate. Le prime tre sono quelle corrispondenti all’ampliamento del prospetto voluto dal Maderno. Le navate e i bracci del transetto sono movimentati da 39 statue, realizzate tra il XVIII e il XX secolo. Sull’ultimo pilastro compare il simulacro bronzeo di San Pietro, opera probabile di Arnolfo di Cambio, della fine del Duecento. Il punto focale della Basilica è il Baldacchino bronzeo del Bernini. Divenuto nel 1629 architetto di San Pietro, il Bernini vi lavorò per circa mezzo secolo, curando la decorazione dell’interno, che acquistò ricchezza decorativa e vivacità cromatica barocca. Egli fu autore anche dei monumenti funebri di Urbano VIII e di Alessandro VII, nonché della cattedra posta nell’abside.
La Confessione sottostante il Baldacchino è opera del Maderno. Nel transetto destro si trova il monumento di Clemente XIII, uno dei capolavori di Antonio Canova (1784-1792).