Campofranco
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La storia di Campofranco comincia nel 1549, quando la famiglia Del Campo perse la baronia di Mussomeli per una serie di disavventure legate al nome di Cesare Lanza.
Al barone Del Campo rimase il possesso solo di quattro feudi, Lo Zubbio, Castelmauro, San Biagio e Fontana di Rose.
Il 10 febbraio 1573 Filippo II di Spagna, figlio di Carlo V, sotto la cui dominazione ricadeva la Sicilia, inviò delle lettere regali con la licenza di edificare un casale e chiamarlo Campofranco.
Il nome non è casuale poiché "Campo" deriva dal nome del giovane cavaliere Giovanni del Campo, mentre "franco" deriva dalle franchigie: infatti, ai contadini ed artigiani che si recarono sul poggiolo del feudo Funtana di li Rosi si concessero esenzioni di imposte e terreni gratuiti per ben 10 anni.

Il Governatore don Giovanni Lo Burgio, per rendere più accogliente il nuovo borgo, spianò il terreno davanti al Castello, destinandolo a piazza grande, mentre di fronte, in leggero pendio, sorgeva la chiesa Madre, dedicata a San Giovanni Evangelista.

Nel 1622, Donna Eleonora del Campo, figlia del terzo Barone di Campofranco Ercole Campo, sposò giovanissima don Fabrizio Lucchesi Palli, della nobile famiglia di Sciacca e Naro, che così nel 1625 ottenne da Filippo IV il titolo di principe di Campofranco.
La numerosa discendenza dei principi Lucchesi, tuttavia, non portò miglioramenti determinanti alla crescita del paese: anzi, dovete sapere che il feudalismo, con le sue angherie e soprusi, produsse qualche caso di rivolta.

La festa più importante si svolge l’ultima domenica di luglio, quando i campofranchesi compiono a piedi scalzi il viaggio dalla propria dimora alla chiesa di S. Francesco, per i festeggiamenti di San Calogero.

Da quasi tre secoli, sin dall'11 gennaio 1693, giorno di uno dei più tremendi terremoti dell'Isola, quello del Val di Noto, Campofranco ringrazia San Calogero per averlo preservato dalla rovina dei terremoto, ed implora il suo aiuto per essere liberato da ogni male anche spirituale. L'intero mese di luglio è dedicato al santo; per trenta giorni, ogni sera, una folla di devoti assiste alla messa nella chiesa dell'antico convento francescano, recita il vespro e canta «Fedeli a Calogero, correte fidenti, mentr'Egli sa compiere sublimi portenti».

In concomitanza con la festa di San Calogero si svolge l'antichissima sagra dei "pupi di pane" durante la quale vengono distribuite quintali di grosse forme di pane da mangiare caldo con olio,pepe e formaggio fresco.

 

testo Chiara Marotta voce narrante Martina Monella

 

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