Mariannina Coffa
La capinera di Noto.
Mariannina Coffa fu una poetessa netina vissuta nella seconda metà dell’800. Definita “La capinera di Noto”, già da bambina amava giocare con le parole e compose poesie d’occasione improvvisando versi su temi assegnatile sul momento. Visto il precoce talento, e dopo i primi studi a Noto, la famiglia la iscrisse al collegio Peratoner di Siracusa e la affidò al colto don Corrado Sbano, versificatore a sua volta, perché le consigliasse le giuste letture. Nel 1855 pubblicò la prima raccolta di versi, Poesie in differenti metri a soli 14 anni. A 18 uscì la racconta Nuovi canti, ripubblicata nel 1863. Nel 1876 pubblica Versi Inediti e nel 1878 Ultimi versi.
Nel ’59 la sua vita iniziò ad intrecciarsi con quella di Ascenso Mauceri, suo insegnante di pianoforte, uomo che segnerà profondamente la sua storia. Lei, ingenua ragazzina di soli quattordici anni, rimase affascinata da quel giovane dalle esperienze continentali, musicista colto e dignitoso, ma era fortemente vigilata dall’ambiente familiare, una piccola borghesia di provincia poco incline ad assecondare i suoi sentimenti e piuttosto orientata a destinarla verso un più utile matrimonio di interesse. Tra il 1859 e il 1860, la famiglia Coffa, approfittando di un viaggio di Ascenso, combinò le nozze tra Mariannina e il nobile ragusano Giorgio Morana, segnando il destino infausto della poetessa che, pur colpita negli affetti più cari, non ebbe il coraggio di ribellarsi alla determinazione dei genitori e alla legge dell’ipocrisia.
Il pensiero travolgente dell’amato la portò a prendere la penna per scrivere lettere d’amore al suo Ascenso, sentendo il peso di non aver saputo opporsi alla volontà genitoriale e non aver seguito i piani di fuga suggeritile dall’amato. Le maldicenze, il timore di essere disprezzata e incompresa dalla società che la circondava la resero petulante fino a proiettarla nel baratro di un esasperato vittimismo. Mariannina sembrava col tempo convincersi che la situazione non desse scampo all’amore e, davanti al richiamo di Ascenso alla razionalità, fece appello almeno all’amicizia per garantirsi un interlocutore affettuoso. In ogni caso, la sua “logorrea” epistolare non ebbe requie e la donna si rammaricò della propria sfortuna: davanti al silenzio dell’uomo, sembrò vendicarsi con la persecuzione dei propri fantasmi e dei propri idoli, al punto da rimproverare all’amante di averle scritto solo per educazione, nonostante loro due fossero nati per amarsi.
Le lettere ad Ascenso si susseguirono ininterrottamente fino al 1872 e sembrarono poi dileguarsi a poco a poco, anche dinanzi all’ormai ostinato silenzio del destinatario. Mariannina rinnegherà il marito e si rifugerà nuovamente nella sua Noto. Relegata nel fondo dell’isola, lontana dalle proprie “contrade” continentali, Mariannina continuerà a vivere la propria prigionia in solitudine, attanagliata dalla malattia che la porterà alla tomba il 6 gennaio 1878, a soli 37 anni.