Sulla cima di un colle, a trecento metri dal centro di Corridonia, sorge il complesso monumentale di Santa Maria dei Monti, detto degli Zoccolanti, costituito dalla chiesa e dall’attiguo convento. La struttura fu realizzata nel 1510 per ospitare i frati Francescani dell’ordine minore degli Zoccolanti; tale curioso epiteto venne originariamente attribuito nel 1386 ai frati francescani insediatisi nella boscosa zona di Brugliano, in Umbria, cui venne concessa la possibilità di calzare zoccoli di legno, al fine di proteggersi dai serpenti che infestavano il luogo. Con il medesimo intento, tale concessione venne elargita a tutti i frati residenti nelle zone di Camerino e Foligno.
I lavori di edificazione furono diretti da un monaco-architetto proveniente, con ogni probabilità, dalla casa madre di Osimo; la costruzione del complesso fu a spese della comunità dei frati, fortemente supportata dai cittadini di Montolmo (la città acquisì il nome di Corridonia solo nel 1931 in onore del sindacalista Filippo Corridoni, nativo del luogo).
L’architettura dell'intero complesso, evidentemente in linea con l'idealità della regola di S. Francesco, è essenziale, semplice ed austera. Il convento è affiancato dalla chiesa, dalla quale è diviso da un muro comune; nel centro si trova un vasto cortile di forma quadrata, al centro del quale, ammattonato e spiovente ai lati, fu costruita, interrata, una cisterna cilindrica in mattoni nella quale convogliavano le acque meteoriche, provenienti dalle coperture e dal cortile, tramite un preciso sistema di canalizzazione. Il convento si compone di un piano interrato, costituito da una grotta con pianta a croce e da due stanze esposte a nord (adibite probabilmente a cantina–deposito delle derrate alimentari), collegate direttamente con il porticato del piano terra tramite una scala in legno. Il piano terra circonda il portico del cortile interno; le stanze ad esso prospicienti erano adibite a servizi del convento (depositi, cantine, cucina, refettorio).
Il monastero si impose ben presto per importanza e potenza; a tale percezione contribuì l'attivazione nel convento di uno Studio di Filosofia e morale; i numerosi personaggi illustri che circolarono nel convento concorsero all'arricchimento del complesso con affreschi, quadri, arredi sacri, mobili, preziosi, manoscritti e rari libri in greco e latino. Fino alla fine del 1600 il monastero godette di grande splendore; ne incrinarono la potenza una gravissima pestilenza, che decimò la popolazione, ed il disastroso terremoto del 14 gennaio 1703, che devastò una vasta area tra i Monti Sibillini, i Monti Reatini e i Monti dell'Alto Aterno; fu a seguito del terremoto che vennero eseguiti importanti lavori di restauro, cui risalgono probabilmente i pochi ornamenti che mitigarono l'originale austerità del complesso architettonico. Nel 1810 un decreto napoleonico soppresse gli ordini religiosi; la chiesa-convento, assieme ai poderi circostanti, fu venduta dal demanio al Marchese Clemente Ugolini, signore della città, il quale disperse l’archivio e le opere d’arte. Solo nel 1843 i frati, pagando all’Ugolini una ingente somma, rientrarono in possesso del convento. Ma nel 1861 un decreto di Lorenzo Valerio, deputato al Parlamento Subalpino e Commissario Generale per le Marche, soppresse gli ordini religiosi. I frati abbandonarono nuovamente il monastero, le cui proprietà furono confiscate e acquisite dal Demanio: il convento venne chiuso e gran parte delle suppellettili e degli oggetti preziosi conservati al suo interno vennero rubati. Nel 1867 il Comune entrò in possesso del complesso per adibirlo ad ospedale; nella chiesa tuttavia, le funzioni religiose continuarono ad essere officiate fino al 10 ottobre 1909, quando il Fondo per il culto, decise di procedere alla chiusura legale della chiesa e di cederne la proprietà al Comune, che utilizzò il monastero per gli usi più disparati, tra cui la coltivazione del baco da seta. Nel 1917 dopo la sconfitta di Caporetto, l'edificio ospitò centinaia di profughi provenienti dalle province di Udine, Gorizia e Belluno e, dopo la seconda guerra mondiale, le stanze furono nuovamente rimaneggiate per ospitare gli sfollati di guerra e le famiglie povere fino a quando, negli anni '60, non vennero costruite le prime case popolari.
Attualmente l'edificio non è visitabile ma è in corso un progetto per la sua ristrutturazione.