Possono passare gli anni, ma il fascino dell’Ex Monastero degli Olivetani di Rovigo è imperituro. Il rintocco costante, quotidiano, regolare delle campane della Chiesa di San Bartolomeo scandisce per noi come per i monaci, nel passato, il fluire del tempo nell’arco del giorno. Il cuore vibra insieme a questo suono antico, profondo e lo sguardo segue il respiro regolare, rinascimentale delle arcate, soffermandosi sul gioco di luci e ombre del porticato. Terminati i rintocchi, sembra ancora di udire i passi lenti, cadenzati dei monaci che hanno abitato per secoli il Monastero. Anche noi facciamo parte della storia di questi luoghi e il nostro compito, adesso, è di farvi scoprire il loro fascino…
L'impianto monastico originario risale al 1200. Sorto come convento dell'ordine degli Umiliati, crebbe di importanza grazie all'opera artigianale dei suoi adepti lanai e, dopo un periodo di abbandono, fu ristrutturato come monastero ed insediato da monaci della Congregazione olivetana. Tra il Cinquecento e il Seicento la presenza attiva dell'ordine del Monte Oliveto rende possibile l'ampliamento della struttura fino alle dimensioni attuali, con due cortili e due chiostri, uno dei quali conserva una vera da pozzo monumentale, facendone uno dei più significativi complessi architettonici di Rovigo e del Polesine.
E’ affascinante utilizzare la fantasia per rivedere questo luogo abitato dai monaci della congregazione olivetana, con le vesti bianche simbolo di purezza e devozione nei confronti della Vergine.
Immaginiamoli spostarsi in questi spazi, viverli in una quotidianità scandita dai rintocchi delle campane.
Grazie al prezioso “Notabilium” in cui l’abate rodigino Don Alessandro Rossi annotò minuziosamente tutti gli accadimenti avvenuti nel Monastero nel periodo del suo governo dal 1733 al 1765, possiamo ridare vita attraverso l’immaginazione a spazi oggi muti.
Nel primo chiostro, denominato quadrato o dipinto, si affacciavano al piano terra la sacrestia della Chiesa di San Bartolomeo, il refettorio, l’infermeria e la celleraria ossia il cuore economico del Monastero che fungeva da archivio e in cui alloggiava il monaco cellerario il quale si occupava dell’amministrazione dei possedimenti del cenobio.
Nel secondo chiostro denominato “delle legnare”, dal nome dell’edificio che lo delimitava adibito e rimessa dei “legni” ovvero carri e carrozze, oggi demolito, si affacciavano al piano terra la foresteria dell’orto o “da basso” che poteva ospitare forestieri di passaggio, il teatro in cui venivano messi in scena, spesso dai novizi, spettacoli teatrali, la camera del carrozziere in cui alloggiava l’addetto alla manutenzione di carri e carrozze e l’appartamento dell’abate di successione, ovvero colui che sarebbe succeduto a quello in carica.
Il cortile delle stalle, invece, era l’accesso dei carri e su di esso vi si affacciavano le stalle con i cavalli, le cantine in cui venivano conservate le botti di vino di produzione dei possedimenti che facevano parte del Monastero e i depositi di derrate alimentari e materiali vari.
Salendo al primo piano si incontra la cappella dell’abate, di cui si può ancora ammirare la porta in noce intagliata e le cornici a stucco che probabilmente ospitavano dipinti andati perduti.
Quelli che oggi sono diventati gli uffici del Museo un tempo erano le stanze dell’appartamento dell’abate mentre il lungo corridoio che conduce all’ingresso delle sale espositive era la biblioteca del monastero.
Il lungo corridoio che ospita le sale espositive e le stanze laterali costituivano il dormitorio dei monaci con le relative celle mentre la sezione rinascimentale del Museo, la sala Rotary e la sala ristoro si trovano oggi laddove un tempo era ubicata la foresteria di sopra per ospitare i forestieri di alto lignaggio.
L’attuale sala Flumina utilizzata come sala convegni del Museo, era invece il noviziato, composto da nove celle per i novizi e l’appartamento del maestro.
L'attività conventuale termina con la soppressione della comunità in epoca napoleonica; l'edificio affronta in seguito passaggi di proprietà e diverse destinazioni d'uso, fino a un complesso e radicale recupero architettonico negli anni '90 del Novecento.