Fortificazioni venete
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Dai resti rinvenuti si ipotizza che il primo nucleo fortificato di quello che sarebbe divenuto il paese di Rovato fosse collocato sulle pendici del Montorfano.

Tracce di una prima, antica, opera difensiva si trovano intorno alla parrocchiale e si fanno risalire al XI-XII secolo.

Sull'ossatura di fortificazioni di origine romana fu eretto il Castello a pianta rettangolare con all'interno sei strade abitate e la casa comunale.

Lungo ben trecento metri e largo centocinquanta.

Nella parte di sud-est si apriva una grande piazza, la piazza delle Carampane (piazza d’armi), con una chiesetta in corrispondenza dello spigolo del forte.

Un particolare strategico molto interessante, nella rete viaria del castello, è rappresentato dal fatto che le porte, i rivellini, erano fuori asse, onde evitare scorrerie veloci e trasversali da parte degli avversari, mentre il reticolo viario è rigorosamente ortogonale, di sapore ancora romano.

A questo punto si elencano 7 decumani, via Racheli, via Carampane, via Palazzo (il maggiore), via Rose, via Cantine, via Orti, ed il minore scomparso nel rifacimento della piazza vantiniana, e due cardi nelle vie Castello e Lamarmora.

Il Castello per oltre mezzo millennio di movimentate vicende storiche ebbe un ruolo cruciale di piazzaforte e godette la rarissima fortuna di serbare così a lungo quasi intatta la sua genuina struttura.

Solo in tempi relativamente recenti subì massicce demolizioni per ampliare la piazza del mercato e per far posto alle scuole elementari.

Costruito non su una collina, ma su un rialzo del terreno, dovuto alla terra riportata e alle macerie delle primitive costruzioni, era intersecato da sotterranei e difeso da una grande fossa, ancora oggi in parte visibile, dell'ampiezza di una decina di metri che attingeva l'acqua dal cosiddetto "Pozzo lungo" situato nelle vicinanze.

Recentemente, tra le macerie e il fango scuro della fossa, furono rinvenuti due frammenti di una punta di lancia in ferro, ora presso la Soprintendenza di Brescia, del tutto simile a quella conservata nel Museo di Manerbio e datata intorno al 1300.

L'ampliamento della fine del Trecento (1383-1395) potrebbe corrispondere ad un'espansione a sud fin verso il canale dei mulini e fino alla via Cantù dove al civico 57 si conservano ancora tracce di poderose mura medioevali.

Il circuito delle nuove mura trecentesche doveva allora correre lungo le attuali vie Martinengo, Bettini, Cantù, Bonomelli, Porcellaga, Sopramura delimitando una superficie di 60.000 mq.

Il castello vecchio all'interno della cinta venne comunque conservato, costituendo un ulteriore sistema protettivo intorno all'estremo baluardo della Rocca.

Il paese ebbe così ben tre giri concentrici di mura, fino al 1426, quando i Visconti ne ordinarono la distruzione.

L'ultima cinta muraria, quella che in parte ancora si vede, fu eretta dalla Repubblica di Venezia, nel frattempo subentrata ai Visconti, interessata ad aumentare la resistenza e la potenza del Castello.

Questa venne realizzata tra il 1470 e il 1485 su progetto del bresciano Giovanni Battista Borella con 5 torri (Canton Cattanio a sud-ovest, Canton Pusterla a nord-ovest, Canton de Santa Maria a nord-est, Canton Rocca a sud-est e Torresello Canale a sud) e 2 rivellini o bastioni (Porta Roche a sud e Porta S.Donato a nord) da annoverare tra i primissimi dell'architettura militare italiana.

Le torri come le mura erano realizzate in corsi ordinati di blocchi squadrati di ceppo del Monte Orfano.

Le 5 torri, o almeno i loro basamenti, sono ancora tutte visibili sebbene inserite, come parte delle mura, nel contesto "urbano".

Dei due rivellini quello a nord fu distrutto nel 1796 e quello a sud intorno al 1840, per far posto ai portici del Vantini.

Loro tracce sono ancora presenti sotto l'acciottolato di piazza Cavour e sotto la piazza a nord dell'edificio che ospitava la biblioteca.

Nel 1610 Giovanni Da Lezze (1554-1625 militare e politico della Repubblica di Venezia), colpito appunto dalla capacità difensiva della struttura, lo descriveva come "castello con doi porte, revellini et case matte con quattro torrioncini, fossa con acqua morta circonda mezo miglio in circa, sicurissimo da batteria da mano per esser le mura tutte fatte di pietra viva".

Il Castello di Rovato, con le sue mura venete, è da collocare tra i più illustri esempi d'architettura castrense italiana.

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PG

Piva Gian Luigi

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