Francesco di Lauro e il quartiere marinaro
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Francesco Di Lauro (1933-1999), pittore originario di Guardiagrele, ha scelto Pescara e la sua marineria come uno dei soggetti privilegiati delle sue tele.

Fin dall'adolescenza frequentatore assiduo del mondo marinaro, ha trasposto in una luminosa pittura ad acrilico il volto epico del borgo di pescatori, all'indomani di quel fervore edilizio che, nel secondo dopoguerra, ne avrebbe stravolto i caratteri.

Folgorato, durante gli anni di formazione, dalla prima esperienza di vogatore sul fiume, rimase profondamente legato alla sua terra di cui amava finanche il costume e le credenze popolari. Se incontrava per caso un pescatore, piuttosto che parlare della sua pittura, s'intratteneva ad interrogarlo a lungo su usi, costumi e tradizioni marinaresche.

Col suo sguardo penetrante, è riuscito a cogliere la dimensione atemporale di quei rituali che i pescatori si tramandavano da generazioni, in un'epoca in cui il fiume era ancora punteggiato dalle vele scarlatte e aranciate delle paranze.

Imbevuto di una cultura popolaresca e dannunziana, ha meditato con tono ironico sul concittadino illustre, dedicandogli una serie di caricature. D'altronde ai luoghi dannunziani sul lungofiume è riservata in parte la sua pittura, laddove scorgiamo monumentali "Lavandaie dannunziane" (1975) chine sul greto della Pescara, o le "Cantine" (1975) del Borgo Marinaro che animano lo sfondo delle stesse "novelle della Pescara", fino ad arrivare ai microdipinti sulla banchina lungo l'ex Caserme borboniche, più avanti.

Nelle sue tele ritroviamo inoltre condensati i riti quotidiani del porto: la pesca sul "Trabocco" (1995) e quella dei "Vongolari" (1979), il ritorno delle "Paranze" (1982), le urla delle "Pescivendole" (1980), i "Pescatori con rete" (1977) ricurvi sul rammendo, l'imponente "Sciabbica" (1992). In "Molo Nord" (1978) i pescatori domenicali della banchina pescarese sembrano trasportati sulle rive della Senna, nella calma feriale di "Bagnanti ad Asnières". D'altro canto anche Francesco Di Lauro, come Seurat, era un "pittore-ricercatore" in cerca del perfetto equilibrio tra linee di forze e assonanze di colore.

Al di là delle schematiche etichette di "espressionista" o "cubista" con cui la critica lo ha etichettato, il Di Lauro seppe sviluppare uno stile autonomo e maturo, profondamente legato al microcosmo dei pescatori, "la cui esistenza, il cui senso, la cui storia, è tutta nella fatica che deforma il corpo e rende enormi le mani e i piedi" (A. Oliva, 2003). Non è casuale che nell'universo pittorico di Di Lauro lo sguardo si focalizzi sulle mani e sugli zoccoli, che lui stesso, da ragazzo, usò per remare sulla Pescara, poiché le scarpe da tennis erano rare da reperire.

Nonostante l'umanità immaginata dal pittore sia corale, è comunque possibile riconoscere nelle sue opere alcuni personaggi distintivi del vecchio quartiere di Borgomarino come ad esempio la "Garibaldi (Carribbalde, Francesca Maione)", donna forte e volitiva, ben identificabile nella pescivendola con il carretto ambulante a due ruote in un suo quadro, e in cui era possibile imbattersi fino a pochi anni fa proprio in queste vie.

Opere del Di Lauro si possono trovare in Abruzzo nel Museo di Palazzo de' Mayo (CH) e nel Museo Francesco Di Lauro a Guardiagrele (CH).

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