Genazzano
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Situato a 375 metri sul livello del mare e distante 11 chilometri da Palestrina e 45 da Roma, l’odierno comune di Genazzano sorge sulle vestigia dell’antico feudo che diede il nome ad uno dei rami cadetti più importanti della famiglia Colonna. A sua volta, l’antico castra affonda le sue origini nel territorio della gens Genucia che vi fece costruire una villa, il Fundus Genucianus per l’appunto. L’importanza del borgo, al tempo, risiedeva soprattutto nella sua posizione in quanto costruito su una rupe tufacea che sovrastava la valle del Sacco garantendo insieme a Palestrina un punto da cui fosse possibile mantenere il controllo del territorio, grazie anche all’altezza massima raggiunta dal castello ovvero 600 metri.

La scelta di edificare l’abitato lungo il versante Sud dei Monti Prenestini consentiva, invece, un ottimo accesso alle vie di comunicazione da e per Napoli, facendo sì che l’abitato divenisse un importante crocevia nel Medioevo. 
Il primo documento che tratta del feudo in questione è datato al 10 maggio 1022 e riporta la concessione di alcuni beni da parte di due coniugi in favore del monastero di Subiaco. Il castello viene menzionato alcuni anni dopo, nel 1085, in un documento di Trasmondo, figlio di Amato di Paliano, che conferì al monastero sublacense tutti i suoi averi dislocati in vari abitati tra cui, appunto, Genazzano. Da qui in poi, è difficile ricostruire l’esatta storia del dominio. L’ipotesi più solida è quella proposta dal Nibby che vede il castra di Genazzano strettamente legato a quello di Palestrina sin dalla seconda metà del X secolo. Nei successivi tre secoli, non vi sono informazioni riguardanti la proprietà del castello o come esso sia divenuto parte del patrimonio della famiglia Colonna. L’unico spunto è dato dal legame tra la contessa prenestina Emilia e il capostipite della casata Pietro, che giustificherebbe il possesso del castra da parte della sua discendenza. Tuttavia, il primo ad essere identificato come dominus di queste terre, però, non è il Pietro Colonna capostipite della casata bensì quel Pietro figlio di Stefano che in un documento del 1257, viene riconosciuto come tale in seguito alla sua presa di posizione contro gli esecutori di suo zio Oddone II. Da questo atto si può evincere come il castra fosse già in possesso del barone senza però giustificare come esso sia divenuto tale. In tutti i casi, il ritrovamento di questo scritto risulta di fondamentale importanza per la ricostruzione della sovranità nel borgo dato che i documenti relativi alla famiglia Colonna sembrano sufficienti per poter stabilire la proprietà del castello proprio a partire da tale data.

Nell’ambito dello studio dei documenti della casata romana, un ruolo di peso viene rivestito dalla convenzione datata al 14 dicembre 1277, nella quale vengono riportati i figli di Pietro, Pietro e Stefano, trattare del servizio militare, delle proprietà, del pascolo e dei proventi dei cavalli all’interno del castello in qualità di signori del feudo. Oltre alle informazioni riguardanti lo stato del castello, è possibile anche riconoscere coloro che amministravano il territorio, ovvero quei due fratelli che mantennero il patrimonio familiare indiviso per almeno 20 anni o, comunque, fino al calare del XIII secolo. Infatti, scissi i dominii familiari, i due vennero riconosciuti come Stefano signore di Genazzano e Pietro dominus di Olevano. Tale accordo venne sancito nel 1296 legando così il feudo preso in esame a Stefano e di conseguenza al suo unico erede, Giovanni. Attraverso una serie di successioni avvenute tra i membri della casata, nel 1373, il possesso del castello fu dato ad Agapito di Pietro, padre del futuro Martino V che secondo la tradizione, e il Petrini, nacque proprio in questa terra. Il pontefice Colonna, al secolo Oddone, fu una figura di straordinaria importanza per la sua città natale in quanto la esentò dalla tassazione sul sale e focatico nel 1420 e nel 1424 e intervenne anche con opere di restauro che colpirono alcuni edifici del feudo tra i quali il castello.

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Marco Galli

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