All'epoca di d'Annunzio le rive fluviali erano ancora in gran parte rurali. Vi si susseguivano poderi a destra e sinistra, come quello del personaggio caricaturale di Mastro Peppe La Bravetta, che possedeva una tenuta sulla sponda sud "proprio in quel punto ove la corrente rivolgesi formando quasi un verde anfiteatro lacustre. Ivi il terreno irriguo rendeva, più che uve e cereali, gran copia d'erbaggi; il frutteto si moltiplicava; e un porco s'impinguava annualmente, sotto una quercia ricca di ghiande " (La fattura). L'uccisione e salatura del porco, rituale tradizionale del costume contadino, rompeva annualmente in gennaio la "solitudine fluviatile" con il risuonare dei grugniti suini; per bruciare le setole si adoperavano "fasci di canne accese".
Oltre ai querceti per l'allevamento dei maiali, quelli che il Poeta descrive come "farnie gigantesche" (Terra Vergine) dove si vedevano razzolare anche i tacchini sorvegliati da belle popolane, il paesaggio del lungofiume era contraddistinto da "campi di lino in fiore" e dalle "punte del grano", intervallato qua e là da un "campo d'orzo". La campagna circostante, fino a Colle d'Orlando e al Colle di Castellammare "e là giù in fondo i colli di Spoltore", era coltivata a olivi, aranci e a vigneti: "le viti, piccole e magre, verdeggiavano in filari. Alcuni alberi interrompevano qua e là il piano, con forme rotonde" (Il traghettatore). Non era inusuale veder transitare pecore e uomini attraverso le chiatte, per il trasbordo da una parte all'altra del fiume, tant'è che d'Annunzio trarrà ispirazione da questa professione per tratteggiare il personaggio carontiano del suo Traghettatore.
Prima della costruzione dell'ex Cementificio, che abbiamo superato sulla sinistra, in quell'area vi era la tenuta di campagna del marchese Farina, personaggio politico di spicco a inizio secolo, articolata come mezzadria di contadini, con una casa colonica a due piani circondata da frutteti e campi coltivati. Sulla via Salaria ci s'imbatteva invece nella Villa del Fuoco, "una villa solitaria in mezzo alla campagna vera", dove il padre di d'Annunzio si ritirò con l'ultima delle sue amanti.
La placida vita del contado pescarese, nella valle inferiore della Pescara, era ad ogni modo animata da orchestrine itineranti come la paranzella di Mungià, l'aedo cieco "a somiglianza di Omero" - come ce lo descrive d'Annunzio - che cominciava le sue "peregrinazioni sui principi di primavera" per terminarle "nel mese di ottobre, ai primi rigori". La piccola orchestra di diseredati, guidata dal trillo del suo clarinetto, andava per le campagne, "a San Silvestro, a Fontanelle, a San Rocco, perfino a Spoltore e nelle fattorie di Vallelonga oltre l'Alento e più specialmente nei borghi dei marinai presso la foce del fiume e in tutte quelle case di creta e di canne, dove si accende il fuoco con i rifiuti del mare" (Mungià).