Dopo la liberazione di Morfasso del 24 maggio del 1944, i partigiani, in soli due giorni, attaccano e sconfiggono il presidio di Rustigazzo, in Val Chero, liberano Vernasca e il 20 giugno attaccano la caserma di Lugagnano. Quest’ultima azione non porta a un’occupazione stabile ma fa capire quanto le forze partigiane siano organizzate e quindi in grado di scendere a fondovalle per attaccare presidi di pianura.
Ovviamente la reazione nazifascista non si fa attendere. Nel luglio del ‘44, in seguito alla prima azione di rastrellamento svolta nell’ambito dell’operazione “Wallenstein”, i partigiani sono costretti ad arretrare nelle zone più impervie e nascoste della Val d’Arda. L’arretramento dei resistenti è però momentaneo: infatti durante l’estate del ‘44 i partigiani occupano nuovamente il territorio e l’alta Val d’Arda viene proclamata “zona libera”.
Tra la fine di novembre del 1944 e gennaio del 1945, con l’arresto dell’offensiva alleata sulla Linea Gotica, tutto il piacentino viene investito dalla forza d’urto di una nuova operazione di rastrellamento, anche detta il “Grande Rastrellamento”, ricordata per le violenze subite dalla popolazione, per le nevicate che complicano tutto e per la paura dei “mongoli”, soldati di origine caucasica e turkmena, reclutati dai nazisti tra i prigionieri di guerra e tra i disertori dell'Armata Rossa. Le operazioni di rastrellamento infliggono pesanti perdite ai partigiani.
Dopo l’eccidio di Passo dei Guselli del 4 dicembre del 1944, i nazifascisti si fermano e in Val d’Arda inizia un mese di attesa irreale: si aspetta da un giorno all’altro l’offensiva finale che sconfigga definitivamente le forze partigiane piacentine.
La snervante attesa dell’inevitabile attacco finale termina il 6 gennaio 1945, quando i reparti nazifascisti equipaggiati appositamente per i combattimenti invernali si abbattono sulla zona, occupandola in pochi giorni nonostante la forte resistenza.
Il brano tratto da “Memorie di vita partigiana” di Oreste Scaglioni, racconta dell’arrivo dei nazimongoli ai Teruzzi tra il 7 e l’8 gennaio del 1945, poche ore dopo che si era consumato il terribile eccidio di Rocchetta e descrive molto bene come la profonda conoscenza del territorio e la solidarietà della popolazione locale, siano stati fondamentali per la salvezza di molti partigiani.
Purtroppo però questa seconda ondata di rastrellamenti è disastrosa per i partigiani e la neve, che ha raggiunto circa mezzo metro d’altezza, ostacola i movimenti. Alcuni sono costretti a disperdersi, altri si spostano da un rifugio all’altro. Durante le due settimane di scontri, tantissimi sono i morti, i feriti e i catturati.
Ma la furia di questi eventi non ferma la lotta partigiana: già da febbraio le forze di liberazione cominciano a riorganizzarsi.