Il quadro è immerso in una luce livida, fredda e lo sfondo non definito ricorda i paesaggi leonardeschi. Quest'opera appartiene già all'ultimo Tiziano quando dipinge con pennellate sporche e che spesso non definiscono bene i dettagli. Tale tecnica conferisce molta espressività alla tela. Il celebre Ratto d’Europa (tanto celebre che Napoleone l’aveva fatto trasportare a Parigi nel 1797 e lì fu sottoposto a interventi e ridipinture che non sono stati una cura ricostituente). Non è una scena, ma una sequenza su due piani. La parte luminosa di quello che sembra un gioco e finirà con un rapimento, di Europa discinta nella fretta di farsi bella e delle ancelle che si agitano. La luce Veronese la estrae dalle gonne azzurre, ocra, gialle di Europa e delle ancelle che l’aiutano ad agghindarsi; dai bianchi delle camice, dei petti e delle spalle delle fanciulle; dai gioielli e dal rosso delle corone di fiori che gli amorini in volo fanno scendere. Poi la luce si attenua ed Europa col manto damascato al vento, scende in groppa al toro nelle acque del mare, fra gli alberi e le fronde scure e le ancelle ignare che la salutano. La scena è sfondata all’orizzonte, da squarci di azzurro fra nuvole.
In quest'opera Zeus si presenta sotto forma di toro. La donna posta al di sopra dell’animale rappresenta la giovane Europa della quale il famose dio è innamorato. La posizione della fanciulla e delle sue vesti danno una forte idea di dinamicità.