Le latrine pubbliche
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Eccoci giunti alla sesta tappa della visita:  ti trovi di fronte ad un ambiente che, insieme al suo simmetrico sul lato opposto, era destinato alle latrine pubbliche del mercato. La porta d’ingresso, della quale oggi poco rimane, era incorniciata da due balaustre in marmo che rappresentavano due delfini, un richiamo alle decorazione delle scale che conducevano alla Tholos.
L’identificazione della funzione di questi ambienti ha intrigato a lungo le menti dei primi antiquari ed eruditi: infatti per molto tempo le latrine del Macellum furono considerate ora delle prigioni, ora luoghi di purificazione e addirittura dei bagni termali. Due testimonianze ottocentesche sono particolarmente interessanti: quella dell’accademico piemontese Ottaviano Guasco e quella dell’architetto francese Auguste Caristie. Il Guasco credeva che questi fossero dei bagni caldi, praticamente delle saune, con sedili in lastre marmo al disotto dei quali scorreva acqua termale calda che fuoriusciva dai fori dei sedili stessi sotto forma di vapore. La stessa ipotesi fu avallata dal Caristie che sostenne la sua idea anche a seguito di un confronto con i bagni termali visitati ad Ischia e che rappresentò nelle sue celebri tavole. Oggi restano della struttura soltanto i blocchi di pietra che sorreggevano i sedili sotto i quali correva il canale di scolo delle acque fognarie. Nonostante il loro ruolo “marginale”, anche i bagni pubblici del mercato riflettevano la grandezza della Roma imperiale: infatti le pareti erano rivestite di marmo e decorate con tre nicchie per ciascun lato corto all’interno delle quali vi erano probabilmente posizionate delle sculture. Nella parete confinante con l’esterno erano invece inserite tre alte finestre.

Ora prova a immaginare questi locali nel loro antico splendore, rivestiti di marmo, abbelliti con affreschi colorati e coperti da una volta a botte decorata con stucchi alla maniera delle sale termali di Baia.

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Liceo Classico J. Sannazaro Napoli

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