Il liceo classico di via Carlo Pecchia fu fondato agli inizi del '900 come succursale del Vittorio Emanuele. Divenne ben presto la via d'accesso all'istruzione dei figli degli operai che arrivavano dopo lunghi viaggi in autobus. Sulla linea di confine. Al limite tra la città e la periferia. Sospeso tra i margini e la storia. Dalle finestre del primo piano del liceo classico "Giuseppe Garibaldi" si intravede l'Albergo dei poveri, un pezzo di memoria importante della città. Tre secoli di imponenza, 400 stanze e migliaia di vicende umane consumate tra quelle mura e narrate da grandi scrittori. A un passo, piazza Carlo III. Poco distante Capodichino, il ponte della tangenziale, l'Arenaccia, i Ponti Rossi. Il Garibaldi se ne sta in un angolo di quella piazza secolare, in una piccola strada, via Carlo Pecchia, meglio conosciuta come via Carlo Pacchia, così ribattezzata diversi anni orsono da un gruppo di studenti "creativi". La collocazione della scuola, nata ai primi del Novecento come succursale del Vittorio Emanuele, non è casuale. Quell'insistere in un luogo così particolare, mentre alle spalle incombe la periferia, ha concesso al Garibaldi un'eredità: diventare ben presto spartiacque, finestra sulla modernità e baluardo della tradizione. Il liceo è un edificio di tre piani. Nel 1902 l'esuberante popolazione scolastica del Vittorio Emanuele venne divisa, una parte nella struttura della Maddalena, nell'area della Duchesca, un'altra collocata qui, a piazza Carlo III. Ben presto il Garibaldi divenne la via d'accesso all'istruzione per i figli degli operai di Acerra e insieme palestra di vita e cultura per chi proveniva dalle famiglie agiate del centro di Napoli. Ragazzi perbene, ogni giorno in classe con camicia bianca e cravatta scura, la divisa del liceale modello. Seduti assieme ai giovani della provincia che a quelle aule approdavano con i primi viaggi in autobus verso la grande città. L'accoglienza consentì la dialettica tra mondi diversi. E fece nascere quello che negli anni Ottanta fu un avamposto di incontri sulla legalità, aperto agli interventi dei giuristi e dei nomi istituzionali del tempo. In queste aule entrò d'improvviso negli anni Ottanta il movimento antimafia, si sollevarono le coscienze, i giovani cominciarono a partecipare. Fuori, la mattanza di camorra faceva omicidi eccellenti. Gli studenti si organizzarono, creando una rete con le scuole di piazza Garibaldi: "l'onda" arrivò nelle aule della zona industriale, si allargò a Gianturco, San Giovanni, arrivò a lambire il sindacato. "Ricordo l'omicidio di Giancarlo Siani e la mobilitazione a Torre Annunziata con 5000 persone. Fu difficile coinvolgere i ragazzi delle scuole locali, ma alla fine ci riuscimmo", dice Giovanni Rossi, ex studente. Da qui mosse i primi passi l'associazione degli studenti napoletani contro la camorra. Una forte tensione ideale condivisa con ospiti illustri delle affollatissime assemblee d'istituto come don Riboldi, Giorgio Napolitano, Luciano Violante. Una rappresentanza degli "studenti contro la camorra" fu ricevuta da Sandro Pertini al Quirinale. Sono anni in cui gli alunni studiano per capire anche quello che succede intorno. Un sentire che nemmeno oggi si è perduto, rimasto più attuale che mai. E che ora si attua nella cogestione degli studenti. "La prima esperienza di successo - racconta la preside Laura Colantonio - l'attuammo otto anni fa. Ancora oggi resiste e fa partecipare con entusiasmo i ragazzi". Una settimana all'anno gli studenti organizzano eventi sulla fotografia, la comicità, la pubblicità, con la supervisione dei docenti. "Ora è in programma l'apertura della scuola al territorio". Ancora una volta, come trent'anni fa. "Stiamo pensando a incontri sulla coscienza civile e la partecipazione all'attualità" dice la vicepreside Tiziana Rossi. Forte anche il legame con chi da questa scuola è andato via da tempo. Gli ex alunni si incontrano spesso. E organizzano il "certamen garibaldinum", cimentandosi in gare di traduzione dal latino. Resta il ricordo di professori come "Franz" Francesco Amato, docente di filosofia alla metà degli anni Settanta, amatissimo dagli studenti per l'umanità e la competenza. Qui hanno studiato politici come Antonio Bassolino, fotografato agli incontri dell'associazione degli ex alunni, e Diego Belliazzi, il magistrato Bruno D'Urso, l'attrice Lina Sastri. Tra loro, anche Paoletta Cannavacciuolo, protagonista del racconto di un'ex alunna, Francesca Santucci, ispirato al liceo Garibaldi e vincitore di un concorso letterario.