Sono in molti a non conoscere questa storia, alcuni ne hanno solo sentito parlare di sfuggita, ma il piccolo castello Rufo Ruffo, sito nel comune di Scaletta Zanclea, pochi chilometri a sud di Messina, custodisce una storia non raccontata nei libri. Tocca allora a noi raccontarvela!
E' la storia di una donna, vissuta nella metà del 1200, definita da alcuni studiosi la "Giovanna d'Arco di Sicilia", citata persino nel Decameron di Giovanni Boccaccio: stiamo parlando di Macalda da Scaletta, donna audace e rivoluzionaria, data alla luce proprio tra le mura di questo castello.
Cortigiana di umili origini familiari, l'ascesa di Macalda nella nobiltà siciliana si deve, secondo la leggenda, al fortunato ritrovamento di un tesoro, proprio qui, all'interno del Castello di Scaletta, a opera del nonno Matteo Salvaggio.
Dopo un breve matrimonio con Guglielmo de Amicis, da cui ottenne però il titolo di baronessa di Ficarra, Macalda viaggiò per l'Italia travestita da frate francescano: non era certo comune a quei tempi che una donna viaggiasse, figuriamoci travestita da frate!
Poco dopo si sposò con Alaimo da Lentini, nobile di origine normanna, dal quale ricevette anche un addestramento militare.
Insomma, la già spavalda Macalda si trasformò anche in un'amazzone!
Partecipò attivamente alla Guerra del Vespro e contribuì, secondo i racconti popolari, insieme al marito alla cacciata degli Angioni dall'isola del 1282, combattendo a Catania travestita da cavaliere, impugnando una mazza d'argento.
Insomma, una Lady Oscar del medioevo siciliano!
Tuttavia, la figura di una donna così emancipata e combattente, stonava certo con l'immaginario femminile del 1200, che vedeva la donna relegata a semplice cortigiana o angelo del focolare.
Tale clima culturale contribuì alla diffusione di numerose voci dal carattere misogino contro la sua figura, tanto che lo storico dell'epoca Bartolomeo di Neocastro la definì una spregiudicata arrivista, capace di irretire nobili e sovrani con i suoi costumi corrotti e i comportamenti sessualmente espliciti. Si disse che avesse cercato persino di circuire il re aragonese Pietro III!
Tale fu la forza di tali voci, che la figura di Macalda, vista come un'avida seduttrice, si diffuse su tutta l'isola, tanto da essere nominata in numerosi canti e racconti popolari siciliani, tra cui la leggenda del pozzo di Gammazita a Catania.
Secondo tale leggenda, Macalda, innamorata del suo paggio Giordano, ordinò un agguato nei confronti di una fanciulla catanese, tale Gammazita, del quale Giordano si era invaghito. L'agguato perpetrato dal francese Saint Victor, si concluse con la tragica morte della fanciulla, caduta in un pozzo pur di sfuggire all'aggressione. Dovete sapere che questa leggenda, nelle prime versioni, non prevedeva in alcun modo il coinvolgimento di Macalda da Scaletta! Appare evidente che le voci maligne diffuse nei confronti della nobildonna messinese abbiano avuto una forte presa sulla popolazione.
Caduta successivamente in disgrazia insieme al marito, a causa dell'ostilità del re aragonese Giacomo I, Macalda passò gli ultimi anni della sua vita prigioniera nel castello Matagrifone di Messina. Ma siccome anche nella prigionia doveva distinguersi, sapete che faceva?
Secondo i racconti popolari, Macalda trascorreva le sue giornate di prigionia umiliando gli uomini presenti nel gioco degli scacchi! Non solo, ma fu persino la prima donna scacchista di cui si abbia traccia storica in Sicilia! Un altro traguardo rivoluzionario che la donna raggiunse prima della sua morte, avvenuta presumibilmente nel 1308!
Ci son voluti oltre 700 anni, ma adesso la sua figura è stata finalmente riabilitata!
Pensate che nel 2015, venne dedicata a Macalda la piazza proprio di fronte il Castello di Scaletta, con una cerimonia volta a celebrarne le gesta e la sua intraprendenza femminile, esempio fino ai giorni nostri.
Inoltre, ogni anno nella seconda settimana di giugno, sempre presso il Castello, si svolge il corteo medievale "Alla corte di Macalda", caratterizzato anche da grandi tornei di scacchi, in onore della leggendaria abilità nel gioco della nobildonna di Scaletta.
Testo e voce narrante di Ivan Silvestro