Negli Euganei le tipologie di mulini variavano in base alla morfologia del territorio: esistevano i mulini galleggianti e quelli di terra. I mulini galleggianti erano collocati all’interno di fiumi e canali navigabili, in modo da sfruttare al massimo la forza della corrente per azionare le macine. Nei colli, erano concentrati soprattutto lungo gli storici canali Battaglia e Bisato: a Mezzavia, Battaglia, Rivella, Monselice ed Este. Diversi documenti d’archivio recano testimonianza dei numerosi casi di litigi fra mugnai e barcaioli, impegnati a contendersi la poca acqua disponibile nei canali navigabili, a seconda delle stagioni.
I più solidi mulini di terra, costruiti in muratura, erano invece soprattutto del tipo cosiddetto “a coppedello”: per azionare le macine, utilizzavano una ruota idraulica a cassette, anziché a pale, in modo da sfruttare il peso dell’acqua, anziché la forza della corrente. Questa tipologia di mulino, che riusciva a sfruttare e a trasformare in energia molitoria anche un piccolo corso d’acqua, sfruttandone la caduta dall’alto, contava nei Colli Euganei almeno una dozzina di esemplari, concentrati nel settore nord-occidentale: il rio di Fontanafredda ospitava i mulini di Faedo e Fontanafredda, il rio Contea (che dà origine alla cascata Schivanoia) ne ospitava ben sette, tra Castelnuovo e Zovon; altri ancora si trovavano a Valle San Giorgio, Valnogaredo e Torreglia.
Le robuste assi di legno impiegate per la costruzione dei mulini provenivano dalle maestranze locali; anche le macine e gli altri supporti in pietra erano realizzati con la trachite proveniente dalle vicine cave.
A controllare i mulini erano famiglie nobiliari locali, famiglie mercantili, ma anche Comuni o enti religiosi. La titolarità di ruote sui Colli Euganei comportava ricchezza e potenza sia per i titolari che per gli affittuari. Fra i pochi esemplari ancora visibili, benché d’epoca più recente, va ricordato il monumentale mulino di Battaglia Terme: edificio di notevoli dimensioni costruito presso l’Arco di Mezzo per sfruttare la poderosa forza generata da un salto d’acqua di oltre 7 metri. Infine non vanno dimenticati i tradizionali "passi barca", o traghetti, che in assenza dei ponti permettevano di collegare le sponde dei canali.
Ascolta l'intervista a Lorenzo Questioni sul passo barca dell'Acquanera