Ed eccoci giunti a Palazzo Gravina di Comitini, semplicemente noto come Palazzo Comitini. È la sede amministrativa della Provincia di Palermo, perciò non è accessibile al pubblico.
Elevato tra il 1768 e il 1771 dall’architetto Niccolò Palma per volere di Michele Gravina e Crujllas, principe di Comitini e di Santa Maria d’Altomonte, in realtà è il risultato dell’ampliamento di un piccolo nucleo formato dalla dimora dei principi di Roccafiorita e dal Palazzo Gravina di Palagonia. È uno dei palazzi nobiliari sorti in via Maqueda dopo il suo taglio avvenuto nel 1600 per volontà del Vicerè don Bernardino de Cardines duca di Maqueda, di cui porta il nome.
Guardiamo la facciata: sembra il fratello gemello del suo dirimpettaio Palazzo Celestri di Santa Croce e Trigona di Sant’Elia! La sua facciata è sobriamente elegante, movimentata appena da un’alternanza di timpani tondi e timpani triangolari, panciuti balconi e decorazioni in candido stucco messe in risalto dal tufo che incornicia le aperture. I tre portoni sono decorati dallo stemma dei Gravina.
Varcato l’ingresso di sinistra, veniamo accolti da un cortile diviso in due da un doppio loggiato a tre arcate. Salendo il monumentale scalone accediamo al piano nobile che è un susseguirsi di saloni di rappresentanza. Il primo è quello Verde decorato da stucchi e sovrapporte raffiguranti putti che giocano. Sono attribuite ad Elia Interguglielmi. Sempre lui avrebbe realizzato i ritratti dei principi di Reitano che possiamo ammirare nel Salone Rosso, quello successivo. Alla sua sinistra si accede al Salone degli Specchi, detto anche Salone Martorana dal nome dell’autore dei decori della volta. Alzando lo sguardo vediamo il Trionfo dell’Amore attorniato da quattro medaglioni angolari raffiguranti le virtù cardinali. Tutt’intorno scenette di putti e paesaggi marini in monocromo sono incorniciati in motivi vegetali cosiddetti rocaille. Soffermiamoci ancora a guardare questa meraviglia! Sopra le specchiere sono stati inseriti dei dipinti di paesaggi mentre quadri seicenteschi decorano i sovrapporte.
Ritornando al salone d’ingresso, attraversando due piccole anticamere giungiamo alla stanza da letto dei padroni di casa il cui soffitto è abbellito da stucchi. Sono ancora presenti alcuni arredi originari. Accanto all’alcova si aprono due ambienti privati. Infatti, sebbene la camera da letto fosse per così dire da parata e cioè accessibile a tutti, i due boudoir, al contrario, erano luoghi in cui incontrare a persone particolarmente… intime. Infatti, il concetti di privacy e riservatezza sono una conquista moderna. Pensate che persino il parto avveniva al cospetto di molte persone. Realizzati tra il 1770 e il 1780, i boudoir sono interamente decorati con motivi vegetali in stucco dorato. Qua e là scorgiamo piccole mensole e piatti di maiolica prodotti dalla fabbrica Florio agli inizi del 1900. Essi sostituiscono quelli originari in porcellana che dovevano recare decorazioni alla cinese. Specchi in vetro di Murano piombati con rilievi in argento raffiguranti scene araldiche completano l’arredamento. Sul soffitto rami fioriti si intrecciano formando finte architetture. Lo so, sembrano veri, ma sono finti.
Testo e voce di Conny Catalano