Palazzo Lampedusa, la culla di Tomasi
Overview
Reviews 0

Vi siete mai chiesti quale fosse il luogo dove è cresciuto Tomasi di Lampedusa? La casa che ha dato ispirazione a molte delle descrizioni domestiche del Gattopardo?

Quando nel 1955 Giuseppe Tomasi decise di fissare su carta le sue memorie, egli idealizzò per primi i luoghi della sua infanzia, il palazzo Lampedusa di Palermo e Palazzo Cutò di Santa Margherita Belice, sono questi i due eden del fanciullo.

Cercando tracce della vita di Tomasi in questi luoghi è più facile per noi comprendere l’ attaccamento disperato dell’autore alla teatralità degli edifici di cui si sente parte integrante, Tomasi viveva ancora nel dolore del distacco a causa della perdita.

“Sarà quindi molto doloroso per me rievocare la Scomparsa amata”: nel 1929, infatti, un piano del palazzo fu affittato all’Azienda Municipale del Gas e il 5 Aprile 1943 le bombe americane distrussero gran parte del centro storico tra cui Palazzo Lampedusa, Giuseppe e la madre erano assenti. La residenza fu colpita direttamente in più parti, Giuseppe si fermò davanti alle rovine, raggiungerà poi, a piedi la Villa di Stefano Lanza di Mirto a Santa Flavia. Vi resterà tre giorni, senza riuscire a parlare, prima di rientrare a Capo d’Orlando dai cugini Piccolo. Scriverà poi nel 1955 in Ricordi d’Infanzia.

“Anzitutto la nostra casa. La amavo con abbandono assoluto. E la amo adesso quando essa da dodici anni non è più che un ricordo. Fino a pochi mesi prima della sua distruzione dormivo nella stanza nella quale ero nato, a quattro metri di distanza da dove era stato posto il letto di mia madre durante il travaglio del parto. Ed in quella casa, in quella stanza forse, ero lieto di essere sicuro di morire.”

Fu la moglie Licy ad occuparsi del trasferimento degli oggetti superstiti da via Lampedusa a via Butera 28. Ma per Tomasi rivedere le sue mattonelle settecentesche, le sculture in marmo, le fontane staccate dalla terrazza interna, non fu sufficiente per consolarsi. Scriverà poi ne I racconti del 1961.

“Tutte le altre case … sono state dei tetti che hanno servito a ripararmi dalla pioggia e dal sole, ma non delle CASE nel senso arcaico e venerabile della parola. Ed in specie quella che ho adesso, che non mi piace affatto, che ho comperato per far piacere a mia moglie e che sono stato lieto di far intestare a lei, perché veramente essa non è la mia casa.”

I resti del palazzo sono ancora lì in via Lampedusa 23, andateli a visitare! Se siete nei dintorni del Teatro Massimo arrivate al palazzo direttamente dalla via Bara dell’Olivella, oggi tagliata con l’apertura di via Roma, era percorsa abitualmente da Tomasi per tornare a casa.

Provate a immaginare l’antico aspetto di questi muri smozzicati, non più come un rettangolo di macerie di 42 per 38 metri. Nove finestre e due portoni si aprivano sul fronte di via Lampedusa, che aveva una vera e propria facciata alla maniera palermitana della metà del Seicento.

Dal portone la famiglia Lampedusa aveva accesso al ricco cortile principale con due portici, uno sovrastato da un loggiato e l’altro da una splendida terrazza.  Edificato sul terreno che era stato concesso a Cesare d’Aragona dai domenicani sul finire del Cinquecento, Palazzo Lampedusa, ancora oggi confina a destra con il giardino dell’Oratorio di Santa Cita, uno dei grandi e prestigiosi conventi domenicani del ‘400.

L’autore del Gattopardo di tanto in tanto visitava il vicino Oratorio stuccato dal Serpotta.

Anche voi, come Tomasi, non dimenticate di visitarlo!

 

Reviews

0.0

0 comments

Provided by

CineCulTurArt APS

CineCulTurArt APS

CineCulTurArt è un team che si occupa di valorizzazione e promozione dei beni culturali, cinema, turismo, spettacolo e arte.

This story belongs to