L’altro luogo dedicato al culto di san Gennaro all’interno della Cattedrale dell’Assunta è costituito dalla Real Cappella del Tesoro di San Gennaro, situata nella navata destra della chiesa. La storia della Cappella ha inizio dal solenne voto fatto dai napoletani nel 1527 per implorare salvezza dai terribili flagelli – peste, carestia e guerra – che in quei decenni minacciavano Napoli. Nel 1601 fu istituita la Deputazione col compito di avviare la costruzione di una nuova cappella per il culto del santo e per la custodia delle reliquie e dei doni che affluivano a Napoli da tutta l’Europa. La costruzione della cappella ebbe inizio nel 1608 e fu completata nel 1636, su disegno dell’architetto Francesco Grimaldi. Il magnifico cancello d’ingresso in bronzo dorato è opera del bergamasco Cosimo Fanzago, una delle maggiori personalità artistiche presenti a Napoli nel XVII secolo; sul cancello si legge un’iscrizione che, tradotta dal latino, recita “a san Gennaro, al cittadino salvatore della patria, Napoli salvata dalla fame, dalla guerra, dalla peste e dal fuoco del Vesuvio in virtù del suo sangue prodigioso”. La Real Cappella ha pianta a croce greca con cupola centrale; l’interno, elegante e luminoso, è una delle massime espressioni artistiche del Seicento napoletano. Il pavimento a intarsio marmoreo è stato disegnato da Cosimo Fanzago. La realizzazione degli affreschi sottostanti la cupola fu affidata a Domenico Zampieri detto il Domenechino nel 1630 dopo la morte di Fabrizio Santafede, celebre pittore soprannominato il Raffaello napoletano che aveva cominciato i lavori cinque anni prima. Il Domenechino, pittore bolognese di scuola carraccesca che fu preferito ad artisti napoletani di grande spessore tra cui Belisario Corenzio, in dieci anni realizzò venticinque scene della vita di san Gennaro: tredici brani nei quattro sottarchi, tre lunettoni, quattro pennacchi della cupola e cinque dipinti su rame posti sugli altari. Nei quattro pennacchi sono raffigurati il Voto fatto dai napoletani per la costruzione della nuova cappella, l’Incontro di san Gennaro con Cristo nella gloria celeste, la Mediazione di Maria Immacolata presso il Divin Figlio, il Patrocinio dei santi Gennaro, Agrippino e Agnello su Napoli; nei cinque quadri sugli altari si trovano gli Infermi e derelitti che accorrono al sepolcro di San Gennaro, San Gennaro che risuscita un giovane, la Pia donna che prende l’olio dalla lampada che arde innanzi al Santo per la guarigione di storpi e ciechi, la Decapitazione di San Gennaro, gli Infermi che invocano le grazie al Santo. Dopo l’improvvisa morte del Domenechino, nel 1641 il pittore di scuola carraccesca Giovanni Lanfranco fu incaricato del completamento degli affreschi della cupola; l’artista raffigurò il Paradiso, opera ricca di figure al centro della quale appariva l’Eterno Padre e nel primo cerchio il Cristo benedicente e S. Gennaro, mentre intercede per la città di Napoli; il luminoso dipinto ha uno straordinario effetto di sfondamento della struttura architettonica, al di là della quale sembra di vedere il cielo. Sull’altare destro, il sesto dei dipinti su rame, raffigurante san Gennaro che esce illeso dalla fornace, è stato realizzato da Jusepe de Ribeira detto lo Spagnoletto, una delle principali figure del panorama artistico napoletano del Seicento. Tutt’attorno, in apposite nicchie, sono collocate le diciannove delle cinquantuno statue d’argento di santi patroni della città (le altre sono collocate su mensole e nella sagrestia). Una delle opere più belle della Cappella è senza dubbio il paliotto d’argento dell’altare maggiore, tra i più noti capolavori del barocco napoletano, che rappresenta il ritorno delle reliquie del martire a Napoli; ai lati sono collocati due grandi candelabri d’argento che, insieme alla croce e alle giarre, costituiscono il cosiddetto apparato d’altare. Per il progetto dell’altare nel 1719 fu incaricato Francesco Solimena, un altro degli artisti napoletani più celebri dell’epoca barocca. Alle spalle dell’altare, in una nicchia blindata, sono custodite le reliquie di san Gennaro: la quattrocentesca teca argentea con le due ampolle e i frammenti della calotta cranica contenuti in un busto-reliquiario d’argento e oro fatto realizzare da re Carlo II d’Angiò nel 1305; una copia del busto-reliquiario è esposta ai fedeli nella parte antistante l’altare. Nella Real Cappella ogni anno le ampolle vengono esposte alla venerazione dei fedeli in tre date: il 19 settembre, anniversario del martirio, il 16 dicembre e il primo sabato di maggio. In queste date si può assistere al miracolo della liquefazione: i grumi contenuti nelle ampolle si sciolgono e acquistano l’aspetto di sangue; il fenomeno è interpretato dalla devozione popolare come foriero di buoni auspici, mentre al contrario la mancata liquefazione è considerata presagio di eventi drammatici.