Su questa città, posta a poca distanza da Castrogiovanni, l’antico nome di Enna, si acquartieravano gli eserciti degli assedianti che volevano espugnare la Urbis Inespugnabilis, Enna appunto. Per questo motivo Calascibetta fu dotata di strutture che potessero ospitare i Re e le truppe al seguito. Purtroppo i resti raccontano ben poco di quei tempi, ma noi proveremo a farlo.
Sulla rocca di Calascibetta, nel 1074 il Conte Ruggero costruisce una fortezza per poter gestire l'assedio alla città di Castrogiovanni, occupata dagli Arabi, ma la città gli resistette per anni.
Successivamente il castello fu trasformato nella spettacolare Chiesa di San Pietro.
La chiesa fortezza, pensate, aveva 5 navate con colonne monolitiche di pietra di cutu, la pietra locale, di 70 centimetri di diametro. Con una tale imponenza doveva essere davvero visibile dalle vallate circostanti! Purtroppo, la chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1693 e non fu più restaurata; solo la torre resistette, subendo notevoli rimaneggiamenti che la trasformarono in torre campanaria.
Ma la storia non finisce qui! Andiamo adesso nella chiesa di Santa Maria Maggiore.
Anche questo edificio ha una lunga storia di rimaneggiamenti e di riutilizzo: per prima cosa, le sue fondamenta nascondono i resti di un castello arabo e di una chiesa rupestre paleocristiana. Provate a osservare alcuni punti del pavimento della chiesa: laddove sono state inserite delle lastre trasparenti, sono ancora visibili proprio quelle tracce più antiche. I muri perimetrali conservano ancora ben visibili, invece, le feritoie del fortilizio arabo!
Ma quando fu edificato questo primo fortilizio arabo, che precedette quello normanno?
Il castello arabo, detto Marco, fu edificato dall’emiro Abul El-Abbas nell'anno 851, anche questa volta per gestire l'assedio di Castrogiovanni, non per niente detta, Urbis Inespugnabilis! I Normanni lo trovarono qui e lo usarono come cavallerizza per 300 cavalieri, poi lo trasformarono in cittadella militare.
Fu il Re Pietro II d'Aragona, nel 1340, a far costruire qui una chiesa che fu da lui stesso destinata ad essere la Regia Cappella Palatina, dando onori e benefici alla città!
Ed eccoci a descrivere la Chiesa come si presenta oggi!
La chiesa è divisa in tre navate e, essendo tardo trecentesca, è del tipico stile tardo gotico catalano-aragonese con molte ingerenze siciliane. Entrando nel vestibolo, osservate il pavimento: qui un’aquila con le ali spiegate, simbolo dei dominatori spagnoli dell’Aragona, accoglie i devoti. Nella navata di sinistra potrete ammirare un fonte battesimale del 1571, attribuito alla bottega aperta da Domenico Gagini; qui il pavimento è formato da piastrelle smaltate del settecento di scuola calatina.
Sulla navata di destra, potrete ammirare un’altra opera di scuola gaginiana, un Ciborio in marmo del 1556.
Tra le opere d’arte preziose che sono conservate in questa Chiesa, spiccano i quadri di Francesco Sozzi e di Ludovico Svirech.
Gli archi della chiesa di stile gotico sostenuti dalle colonne lasciano appena intravedere in qualche punto la loro architettura gotico catalana, ma purtroppo i restauri del 1700 ne hanno quasi cancellato le tracce.
Osservate come siano preziose le basi delle colonne, arricchite da bassorilievi dalle svariate forme. Se fate attenzione, potrete distinguere due gruppi: le colonne della navata di sinistra sono decorate da sfingi, felini alati accovacciati e bassorilievi che presentano forme allegoriche.
Nella navata di destra si ripete il motivo delle zampe di un uccello rapace, il grifone: questo elemento decorativo lascerebbe immaginare una evidente presenza del potere regio aragonese all’interno della struttura ecclesiastica.
Gli spigoli delle basi riportano scolpiti in bassorilievo volti ora umani ora animali a volte grotteschi.
Su tre basi è scolpito un classico panierino augurale, mentre su tutti i bassorilievi si possono riconoscere la figura dello stesso Pietro II d’Aragona, che potete subito ammirare sulla seconda base a sinistra, e il motivo del “tricipitum” riportato sulla quarta base a destra, che ritrae tre profili umani, due contrapposti ed uno centrale inserito fra i due.