Uscendo da Vaiano, lungo il ciglio della strada in direzione Gioiella si trova l’ipogeo di Paradiso, rivolto verso il Lago di Chiusi e i monti Amiata e Cetona, vero e proprio fiore all’occhiello della storia del territorio. Scoperto nel gennaio del 1908 e databile all’ età ellenistica (III-II sec. a.C.), il sepolcro è costituito da una piccola camera a pianta rettangolare edificata in blocchi squadrati di travertino e coperta da una volta a botte, in cui si entra attraverso la porta liscia in travertino a battente unico, ancora ruotante sui propri cardini. L’accesso è preceduto da un dromos in leggera pendenza, che al momento della scoperta mostrava tre nicchiotti laterali vuoti.
La struttura mostra caratteri comuni ad altri esempi riconosciuti fra Chiusi (Tomba di Vigna Grande, tomba del Granduca), l’alta valle del Tevere (Preggio, tomba della Sagraia), e l’area perugina (Perugia, tomba del Faggeto presso il Monte Tezio, tomba di San Manno a Ferro di Cavallo; Bettona, tomba del Colle).
Già violata precedentemente alla scoperta ufficiale, la tomba era pertinente a membri femminili della famiglia Velsi Prute, come indicano le iscrizioni sui coperchi a doppio spiovente della coppia di urne cinerarie rinvenute poggiate sulla banchina addossata alla parete di fondo. Entrambe sono scolpite nel travertino, hanno una cassa squadrata con coperchio liscio. La fronte è ornata in un caso da una patera umbelicata fra due pelte, nell’altro dal motivo del rosone inquadrato da triglifi, molto raffinato nell’esecuzione.
Importante presenza da segnalare all’interno della cella al momento del rinvenimento, è la coppia di anfore greco-italiche in terracotta, dello stesso tipo di quelle recuperate negli scavi di Città della Pieve a Butarone Alto e San Donnino Fondovalle, probabilmente adibite al contenimento di vino.