A Ravanusa si trova una via dedicata allo scrittore Giovanni Verga, che nacque a Catania il 2 settembre 1840, da una famiglia di antica nobiltà rurale. Il nostro conterraneo divenne presto uno scrittore illustre a livello nazionale: scrisse sin da giovanissimo per i giornali e compose prima romanzi storici, a imitazione dello scrittore francese Alexander Dumas, poi, grazie all’amicizia che strinse con un altro siciliano, Luigi Capuana, aderì al Verismo. Voi direte: “Be’, in ogni cittadina siciliana c’è una via dedicata a Verga!”. Sì, è vero, ma a Ravanusa la via in onore di Verga è molto di più, diventa evocatrice di una leggenda…Adesso vi raccontiamo! Prima che il nostro autore catanese aderisse al Verismo, come avete già sentito, aveva scritto delle opere e, tra queste, ebbe particolare importanza Nedda, un bozzetto pubblicato il 15 giugno del 1874 sulla "Rivista Italiana" e, nello stesso anno, dall'editore Brigola a Milano. Secondo il parere di alcuni critici, la novella è l'opera che segna il passaggio, nella poetica di Verga, allo stile verista, con la rappresentazione oggettiva e reale di una società in degrado. In realtà, in questa novella non sono ancora presenti tutte quelle caratteristiche che poi saranno proprie del Verismo, come l’eclisse dell’autore e la regressione nel mondo rappresentato. Ad ogni modo, la storia è incentrata su Nedda Di Gaudio, chiamata la "varannisa" perché originaria di Viagrande, un paesino etneo. La ragazza viene descritta come una semplice e innocente raccoglitrice di olive, rassegnata alla fatica del proprio lavoro. Fin qui nulla di strano! Ad un certo punto, però, si legge che Nedda abitava a Ravanusa! Ma come poteva abitare a Ravanusa se lavorava vicino Catania? La domanda sorge spontanea! Ebbene, anche in provincia di Catania c’è una località che porta questo nome! Se volessimo essere più precisi, a San Giovanni La Punta vi è il santuario dedicato alla Madonna della Ravanusa, dove Nedda, tornando dal lavoro dei campi verso la Piana di Catania, cominciava a sentirsi un po’ a casa. Nedda, infatti, per aiutare la madre ammalata - che in seguito morirà - era costretta a vagare di fattoria in fattoria in cerca di occupazione. Nella sua vita di stenti era sostenuta dall'amore per Janu, un contadino che lavorava con lei. Janu era malato di febbre malarica, ma era ugualmente costretto a salire sugli alberi di ulivo per la rimondatura. Un giorno, era talmente debole che cadde dall’albero e morì, lasciando Nedda in attesa di una bambina. Una vera tragedia, penserete! Ma ancora non è finita…Verga era davvero un maestro nel raccontare le più sventurate delle esistenze! Nedda, a causa della sua estrema povertà, non riuscì a far sopravvivere la bimba, che era nata “rachitica e stenta”. La novella si conclude con le parole di Nedda che, dopo aver adagiato sul letto della madre la povera creatura, "... cogli occhi asciutti e spalancati fuor di misura. - Oh, benedetta voi, Vergine Santa! - esclamò - che mi avete tolto la mia creatura per non farla soffrire come me!". Questa è la triste storia di Nedda, la ragazza che viveva a Ravanusa!
Testo di Miriam Nicotra e Lavinia Pontillo.
Voce narrante di Miriam Nicotra.